Nell'ultima intervista rilasciata (che mi risulti, almeno), ossia quella resa in occasione del quarantennale di una organizzazione aikidoistica svizzera, la intervistatrice in un italiano un pò incerto chiese al Maestro Fujimoto cosa rendesse diverso l'aikido dalle altre arti marziali.
Il Maestro non parlò di amore universale e unione con l'universo, che pure sono importanti, diciamo così, ma rispose che ciò che rendeva diverso l'aikido era il ruolo di uke, figura questa in effetti semi sconosciuta ad altre discipline.
O meglio, disse che nell'aikido ci si alterna, continuamente, nei ruoli di uke e tori.
Alternandosi, si determinano molte conseguenze, pratiche e morali.
Fondamentalmente, ci si affida all'altro ripetutamente, e l'altro si affida a noi.
Si lavora insieme.
Si deve collaborare.
Uke "deve accettare", altra frase assai frequente nella didattica del Maestro.
Deve dare tutto se stesso nel far fronte ad una iniziativa altrui nella quale è, in qualche misura, alla mercè dell'altro.
Deve tenere, deve rialzarsi se è caduto, ma deve anche evitare di essere troppo veloce e frenetico, perchè tori deve potere provare, eventualmente sbagliare, e provare ancora.
Insomma, un lavoraccio.
I buoni uke, diceva continuamente Fujimoto, diventano di solito dei grandi aikidoisti.
Chi non si dà nel ruolo di uke, generalmente non fa molta strada.
Però c'è anche tori.
Tori, di solito ammoniva il Maestro, deve essere "gentile".
Strano concetto, in un'arte marziale.
Come gentile? Ma non stiamo facendo a botte, in fin dei conti?
Tori deve essere gentile, perchè uke si affida a lui.
Una persona si sta consegnando mani e piedi a me, prestandomi le sue articolazioni, i suoi muscoli, le sue giunture per permettermi di provare e riprovare.
Per dirla con il Maestro Tada, è il pennello del pittore, il violino del musicista.
Devo trattarla con riguardo, con attenzione.
Devo metterla a proprio agio, perchè non si spaventi, non abbia paura, vinca l'istinto che le dice di ritrarsi, difendersi, sottrarsi alla mia azione.
Non vuol dire, attenzione, praticare senza dinamismo, energia, vigore.
Al contrario, devo impiegare tutto questo ma stando sempre attento che uke sia protetto, che nulla di sgradevole gli accada.
Non si tratta di debolezza, tutt'altro.
La gentilezza è forza, controllo, sicurezza di sè.
Deve essere gentile soprattutto chi è esperto, perchè deve avere sviluppato la tecnica che gli permette di controllare anche la inadeguatezza altrui.
Non ripagate, diceva ancora il Maestro, un compagno frenetico con la stessa frenesia, uno aggressivo con maggiore aggressività, uno rigido con ancora maggiore rigidità.
Magari non riesce bene. Magari lo hanno picchiato dal primo giorno in cui è arrivato nel dojo e lui pensa che si debba fare così.
Abbiate pazienza, migliorerà se avrete pazienza anche voi.
Non cadete nel demone della rabbia, perchè altrimenti non c'è aikido.
Siate gentili.
Forti e gentili, come era il Maestro.
Buon allenamento.
L'Aikikai d'Italia
L'Aikido a Foggia
L'Aikido a Foggia
sabato 22 novembre 2014
domenica 26 ottobre 2014
Stage di ottobre. Qualche riflessione.
Abbiamo partecipato, a Foggia il fine settimana scorso, ad uno stage intenso e ricchissimo, sotto la guida di sensei Montenegro.
Partecipazione entusiasta e un buon numero di praticanti hanno ascoltato raffinate spiegazioni e illustrazioni puntuali e scientifiche sulla costruzione ed esecuzione di tecniche complesse e articolate, permettendoci di rivivere il clima di studio e ricerca che erano propri dei seminari del Maestro Fujimoto.
Niente, e questo è quello che trovo davvero affascinante, risulta semplice come lo si immagina, quando la spiegazione viene affidata ad un istruttore così qualificato e dalla conoscenza così radicata e raffinata.
Nulla dei singoli aspetti di waza apparentemente conosciutissimi e noti risulta scontato e già rivelato quando pratichi con questo genere di insegnanti, la cui didattica spiega bene perchè ogni e singolo aspetto della tecnica vada curato in ogni suo dettaglio perchè un sistema marziale possa dirsi serio e credibile.
Lo ripeto, perchè mi sembra lapalissiano.
La tecnica è la base di tutto.
Posso suonare la chitarra con grande trasporto e passione, ma rimarrò uno strimpellatore sino a quando non acquisirò consistenza tecnica.
Posso giocare a tennis correndo come un pazzo e tirando legnate, ma la palla non entrerà in campo e l'avversario mi farà a pezzi sino a quando non mi dedicherò davvero al perfezionamento della mia tecnica di impatto palla, piazzamento, tempo del colpire, la mia preparazione atletica.
Perchè per l'aikido possa essere differente, rimane un mistero.
Sento dire che nell'aikido la tecnica è secondaria, e rimango basito.
Ma che diavolo vuol dire?
Ho partecipato ad uno stage tenutosi ancora a Foggia due settimane prima, e non ho trovato il benchè minimo spunto tecnico che fosse suscettibile di essere trasmesso nel corso delle mie lezioni successive.
E' possibile che si tramandi un sapere che non riceve una trasmissione compiuta e dettagliata?
Quando non avremo più, e sta già accadendo, grandissimi maestri che "colmano" le nostre lacune, che tipo di conoscenza saremo in grado di trasmettere?
Ecco, per rispondere a questo tipo di domande, uno stage come quello di Montenegro sensei mi sembra essere la migliore delle soluzioni possibili.
Scientificità. Precisione. Cura di ogni particolare.
Perchè faccio qualcosa, perchè accade qualcosa, cosa accade se non faccio le cose in questo modo.
Altrimenti nulla, a mio giudizio, ha senso.
E non sopravviverà mai, l'aikido, al venir meno delle sue grandissime figure, che ancora sono in gran misura il collante, la forza che tiene assieme tutto il nostro mondo.
E poi fatica, sudore, niente chiacchiere sull'infinito, le vette della spiritualità, i saluti al sole.
In giro per il mondo, nei dojo di aikido dalla Groenlandia alla Australia, una tecnica è una tecnica, pure con le sue sfumature e differenti interpretazioni.
Nei dojo di aikido si trasmette un complesso di conoscenze organizzato, non sensazioni e grandi verità sulla vita.
La nostra disciplina può certamente aiutare ad essere persone migliori, ma attraverso la pratica, non le preghiere.
La cultura giapponese è fare, molto più che parlare.
Fare le cose in modo impeccabile, perchè la nostra presenza abbia un senso.
Da questo deriva tutto il resto.
Vivere ogni momento con intensità, irripetibilità.
Da qui giunge la unicità del Giappone e il fascino che promana da esso e dalla sua storia.
Ichi go. Ichi e.
Detto questo, ognuno trovi la sua strada.
Noi, allo stage, ci siamo divertiti e abbiamo imparato molte cose.
Chi ha ritenuto di non venire, forse sa già tutto. Buon per lui.
Buon allenamento a tutti, quale che sia l'idea di allenamento che abbiamo.
Alla prossima.
Partecipazione entusiasta e un buon numero di praticanti hanno ascoltato raffinate spiegazioni e illustrazioni puntuali e scientifiche sulla costruzione ed esecuzione di tecniche complesse e articolate, permettendoci di rivivere il clima di studio e ricerca che erano propri dei seminari del Maestro Fujimoto.
Niente, e questo è quello che trovo davvero affascinante, risulta semplice come lo si immagina, quando la spiegazione viene affidata ad un istruttore così qualificato e dalla conoscenza così radicata e raffinata.
Nulla dei singoli aspetti di waza apparentemente conosciutissimi e noti risulta scontato e già rivelato quando pratichi con questo genere di insegnanti, la cui didattica spiega bene perchè ogni e singolo aspetto della tecnica vada curato in ogni suo dettaglio perchè un sistema marziale possa dirsi serio e credibile.
Lo ripeto, perchè mi sembra lapalissiano.
La tecnica è la base di tutto.
Posso suonare la chitarra con grande trasporto e passione, ma rimarrò uno strimpellatore sino a quando non acquisirò consistenza tecnica.
Posso giocare a tennis correndo come un pazzo e tirando legnate, ma la palla non entrerà in campo e l'avversario mi farà a pezzi sino a quando non mi dedicherò davvero al perfezionamento della mia tecnica di impatto palla, piazzamento, tempo del colpire, la mia preparazione atletica.
Perchè per l'aikido possa essere differente, rimane un mistero.
Sento dire che nell'aikido la tecnica è secondaria, e rimango basito.
Ma che diavolo vuol dire?
Ho partecipato ad uno stage tenutosi ancora a Foggia due settimane prima, e non ho trovato il benchè minimo spunto tecnico che fosse suscettibile di essere trasmesso nel corso delle mie lezioni successive.
E' possibile che si tramandi un sapere che non riceve una trasmissione compiuta e dettagliata?
Quando non avremo più, e sta già accadendo, grandissimi maestri che "colmano" le nostre lacune, che tipo di conoscenza saremo in grado di trasmettere?
Ecco, per rispondere a questo tipo di domande, uno stage come quello di Montenegro sensei mi sembra essere la migliore delle soluzioni possibili.
Scientificità. Precisione. Cura di ogni particolare.
Perchè faccio qualcosa, perchè accade qualcosa, cosa accade se non faccio le cose in questo modo.
Altrimenti nulla, a mio giudizio, ha senso.
E non sopravviverà mai, l'aikido, al venir meno delle sue grandissime figure, che ancora sono in gran misura il collante, la forza che tiene assieme tutto il nostro mondo.
E poi fatica, sudore, niente chiacchiere sull'infinito, le vette della spiritualità, i saluti al sole.
In giro per il mondo, nei dojo di aikido dalla Groenlandia alla Australia, una tecnica è una tecnica, pure con le sue sfumature e differenti interpretazioni.
Nei dojo di aikido si trasmette un complesso di conoscenze organizzato, non sensazioni e grandi verità sulla vita.
La nostra disciplina può certamente aiutare ad essere persone migliori, ma attraverso la pratica, non le preghiere.
La cultura giapponese è fare, molto più che parlare.
Fare le cose in modo impeccabile, perchè la nostra presenza abbia un senso.
Da questo deriva tutto il resto.
Vivere ogni momento con intensità, irripetibilità.
Da qui giunge la unicità del Giappone e il fascino che promana da esso e dalla sua storia.
Ichi go. Ichi e.
Detto questo, ognuno trovi la sua strada.
Noi, allo stage, ci siamo divertiti e abbiamo imparato molte cose.
Chi ha ritenuto di non venire, forse sa già tutto. Buon per lui.
Buon allenamento a tutti, quale che sia l'idea di allenamento che abbiamo.
Alla prossima.
domenica 12 ottobre 2014
Sabato e domenica prossima stage
Dunque ci siamo...
Primo stage dell'anno per il dojo, ospite sensei Montenegro.
Non c'è bisogno, credo, che io lo presenti nuovamente.
Chiunque ci segue ne ha già letto su queste pagine, e visto descrivere la bravura e rinomanza a livello tecnico, e la grande testimonianza direi storica quale assistente e strettissimo collaboratore di Fujimoto shihan.
Chiunque poi abbia potuto seguire il Maestro, seppure solo sporadicamente, avrà visto Montenegro svolgere il ruolo di uke di quel genio in modo davvero mirabile, unico.
Se non lo aveste visto all'opera, basterà cliccare sul vostro computer per visionare alcuni video bellissimi nei quali potrete avere una idea della perfezione di questo aikidoista nell'assecondare il lavoro del Maestro nell'ultimo periodo, quello a mio giudizio più alto, della azione fujimotiana.
Montenegro è, ne sono assolutamente convinto, un insegnante speciale, il cui sforzo di diffusione e divulgazione dell'aikido del Maestro va incoraggiata e sostenuta.
Spero che accorriate in tanti.
Da Foggia e da altrove.
Mai nessuno è rimasto deluso dalla partecipazione ai raduni organizzati per questo sensei in terra di Puglia.
Cercate di venire e di rimanere entrambi i giorni.
Di partecipare con la mente sveglia e con voglia di imparare e comprendere.
Se si vuole crescere nella conoscenza è indispensabile che ci sia dedizione, e se avete passione per l'aikido potete e dovete rinunciare a qualcosa, come andare a letto un pò prima il sabato sera o alzarvi presto la domenica mattina.
Ovvio, no?
La locandina è dovunque, per chi vuole leggerla.
A presto.
Luca
Primo stage dell'anno per il dojo, ospite sensei Montenegro.
Non c'è bisogno, credo, che io lo presenti nuovamente.
Chiunque ci segue ne ha già letto su queste pagine, e visto descrivere la bravura e rinomanza a livello tecnico, e la grande testimonianza direi storica quale assistente e strettissimo collaboratore di Fujimoto shihan.
Chiunque poi abbia potuto seguire il Maestro, seppure solo sporadicamente, avrà visto Montenegro svolgere il ruolo di uke di quel genio in modo davvero mirabile, unico.
Se non lo aveste visto all'opera, basterà cliccare sul vostro computer per visionare alcuni video bellissimi nei quali potrete avere una idea della perfezione di questo aikidoista nell'assecondare il lavoro del Maestro nell'ultimo periodo, quello a mio giudizio più alto, della azione fujimotiana.
Montenegro è, ne sono assolutamente convinto, un insegnante speciale, il cui sforzo di diffusione e divulgazione dell'aikido del Maestro va incoraggiata e sostenuta.
Spero che accorriate in tanti.
Da Foggia e da altrove.
Mai nessuno è rimasto deluso dalla partecipazione ai raduni organizzati per questo sensei in terra di Puglia.
Cercate di venire e di rimanere entrambi i giorni.
Di partecipare con la mente sveglia e con voglia di imparare e comprendere.
Se si vuole crescere nella conoscenza è indispensabile che ci sia dedizione, e se avete passione per l'aikido potete e dovete rinunciare a qualcosa, come andare a letto un pò prima il sabato sera o alzarvi presto la domenica mattina.
Ovvio, no?
La locandina è dovunque, per chi vuole leggerla.
A presto.
Luca
martedì 30 settembre 2014
mercoledì 24 settembre 2014
domenica 21 settembre 2014
Impressioni di settembre
Tra poco più di un mese, si svolgerà a Roma la celebrazione dei cinquant'anni di presenza ufficiale dell'aikido in Italia.
E' un evento, quello della festa dell'associazione, che si ripete ogni decennio, ma posso dire che nel ricordo degli aikidoisti, per lo meno quelli della mia generazione, rimane molto vivo quello della celebrazione del trentennale, avvenuta nel 1994.
Avvenne ancora a Roma (dove torna dopo il quarantennale organizzato a Bologna), e di quelle giornate girano anche molti video con le dimostrazioni di alcuni tra i più grandi maestri allora viventi.
Intervennero naturalmente gli shihan residenti, ossia Fujimoto, Hosokawa, Kurihara.
Fujimoto, che allora per me era un insegnante molto lontano e mai visto, fu autore di un embukai magnifico.
Potente, sferico, elegantissimo.
Hosokawa si cimentò in particolare in una serie di tecniche di koshinage velocissime e stupende, forse anche troppo se consideriamo che l'uke prese una fenomenale craniata, ma senza rimanerci secco.
Kurihara, che a Foggia veniva spesso e ci seguiva mensilmente, picchiò come un dannato dando una grande sensazione di efficacia (soprattutto da attacchi da coltello), con sicuro effetto di reclutamento di nuovi iscritti.
Poi c'erano Asai, Ikeda, e alcuni maestri giapponesi meno noti quali Kubota, Yamada (non Yoshimitsu), Tsuboi.
C'erano poi il Maestro Tada, l'origine di tutto.
E il Doshu dell'epoca, il già vecchio Kisshomaru.
Fece, supportato da due grandissimi uke, un bellissimo embukai.
Erano giorni più felici.
L'aikido italiano era in piena espansione, e godeva di ben tre Maestri residenti, e di un immenso shihan che lo dirigeva ancora forte e giovane.
A distanza di venti anni, mi pare che la situazione si sia molto complicata.
L'associazione mi risulta abbia perduto, lo scorso anno, qualcosa come cinquecento iscritti.
Credo si tratti di una notizia piuttosto sconvolgente, perchè vuol dire che abbiamo perduto qualcosa come il dieci per cento dei praticanti.
Non so se si tratti di gente che smette di fare aikido, e non viene rimpiazzata, o di persone che proseguono in altre organizzazioni.
D'altronde, da qualche anno non abbiamo più insegnanti giapponesi residenti.
Cosa festeggiamo, allora?
Una storia cinquantennale, certo.
Ma ci saremo tra cinquant'anni? Come associazione, intendo.
Pur non essendo affatto un entusiasta del ricambio generazionale a tutti i costi (le capacità non sono mai un fatto esclusivamente anagrafico), ritengo che la nostra associazione sia decisamente gerontocratica, e che d'altronde sia lo specchio del Paese stesso.
Anche lo stage del cinquantennale, d'altro canto, ne è in qualche modo una dimostrazione.
Ci saranno gli stessi identici insegnanti giapponesi di venti anni fa, o meglio quelli che sono sopravvissuti, ma con venti anni di più.
Al trentennale il doshu era il più vecchio, ora sarà il più giovane (eppure non è un ragazzino, diciamo così).
La nostra direzione didattica (bizzarro organo con nomina a vita) si esibirà con la età media credo di oltre settant'anni dei suoi venerati membri, ai quali compete lo svolgimento esclusivo di tutti gli stage promozionali (a proposito, c'è ne è uno a Foggia all'inizio di ottobre; è gratis, e dà punteggio, dunque accorrete).
Speriamo bene.
Parafrasando Allen, direi però che Ueshiba è morto, Fujimoto pure... e anche io non mi sento un granchè bene.
Buona festa, aikikai cara.
Verrò anche io a portare un regalino e rievocare i bei vecchi tempi.
E' un evento, quello della festa dell'associazione, che si ripete ogni decennio, ma posso dire che nel ricordo degli aikidoisti, per lo meno quelli della mia generazione, rimane molto vivo quello della celebrazione del trentennale, avvenuta nel 1994.
Avvenne ancora a Roma (dove torna dopo il quarantennale organizzato a Bologna), e di quelle giornate girano anche molti video con le dimostrazioni di alcuni tra i più grandi maestri allora viventi.
Intervennero naturalmente gli shihan residenti, ossia Fujimoto, Hosokawa, Kurihara.
Fujimoto, che allora per me era un insegnante molto lontano e mai visto, fu autore di un embukai magnifico.
Potente, sferico, elegantissimo.
Hosokawa si cimentò in particolare in una serie di tecniche di koshinage velocissime e stupende, forse anche troppo se consideriamo che l'uke prese una fenomenale craniata, ma senza rimanerci secco.
Kurihara, che a Foggia veniva spesso e ci seguiva mensilmente, picchiò come un dannato dando una grande sensazione di efficacia (soprattutto da attacchi da coltello), con sicuro effetto di reclutamento di nuovi iscritti.
Poi c'erano Asai, Ikeda, e alcuni maestri giapponesi meno noti quali Kubota, Yamada (non Yoshimitsu), Tsuboi.
C'erano poi il Maestro Tada, l'origine di tutto.
E il Doshu dell'epoca, il già vecchio Kisshomaru.
Fece, supportato da due grandissimi uke, un bellissimo embukai.
Erano giorni più felici.
L'aikido italiano era in piena espansione, e godeva di ben tre Maestri residenti, e di un immenso shihan che lo dirigeva ancora forte e giovane.
A distanza di venti anni, mi pare che la situazione si sia molto complicata.
L'associazione mi risulta abbia perduto, lo scorso anno, qualcosa come cinquecento iscritti.
Credo si tratti di una notizia piuttosto sconvolgente, perchè vuol dire che abbiamo perduto qualcosa come il dieci per cento dei praticanti.
Non so se si tratti di gente che smette di fare aikido, e non viene rimpiazzata, o di persone che proseguono in altre organizzazioni.
D'altronde, da qualche anno non abbiamo più insegnanti giapponesi residenti.
Cosa festeggiamo, allora?
Una storia cinquantennale, certo.
Ma ci saremo tra cinquant'anni? Come associazione, intendo.
Pur non essendo affatto un entusiasta del ricambio generazionale a tutti i costi (le capacità non sono mai un fatto esclusivamente anagrafico), ritengo che la nostra associazione sia decisamente gerontocratica, e che d'altronde sia lo specchio del Paese stesso.
Anche lo stage del cinquantennale, d'altro canto, ne è in qualche modo una dimostrazione.
Ci saranno gli stessi identici insegnanti giapponesi di venti anni fa, o meglio quelli che sono sopravvissuti, ma con venti anni di più.
Al trentennale il doshu era il più vecchio, ora sarà il più giovane (eppure non è un ragazzino, diciamo così).
La nostra direzione didattica (bizzarro organo con nomina a vita) si esibirà con la età media credo di oltre settant'anni dei suoi venerati membri, ai quali compete lo svolgimento esclusivo di tutti gli stage promozionali (a proposito, c'è ne è uno a Foggia all'inizio di ottobre; è gratis, e dà punteggio, dunque accorrete).
Speriamo bene.
Parafrasando Allen, direi però che Ueshiba è morto, Fujimoto pure... e anche io non mi sento un granchè bene.
Buona festa, aikikai cara.
Verrò anche io a portare un regalino e rievocare i bei vecchi tempi.
lunedì 1 settembre 2014
Si riprende... lunedì prossimo.
Eccoci...
Ripartiamo l'otto settembre, lunedì.
Giorni e orari sono gli stessi, ovverosia i giorni dispari dalle 19.00 alle 21.00.
In molti mi hanno consigliato di fare lezioni di durata minore, perchè due ore sono troppe.
Sono però restio ad assecondare un eccessivo ammorbidimento della fatica, anche mentale, connessa all'allenamento.
Non si deve, a mio giudizio, trasformare l'allenamento in un evento troppo rilassante...
Per rilassarsi, l'ho già detto, ci sono i massaggi...
Per pregare, ci sono i templi...
Per fare aikido, e spero un buon aikido, potete venire da noi.
Ad ottobre abbiamo lo stage con il maestro Montenegro.
E' un grande evento, e spero che prosegua la ascesa, in termini di partecipazione ed entusiasmo, di questo appuntamento con un grande istruttore.
Due settimane prima, il 4 e il 5 ottobre, mi pare, dovrebbe esserci uno stage nazionale e gratuito presso l'altra palestra.
E' un bene che Foggia ospiti raduni importanti, e dunque invito tutti i miei allievi a partecipare anche a quel momento.
Chi volesse venire a trovarci, perchè incuriosito dall'aikido, venga prima possibile.
Sarà un piacere accogliervi e spegare quello che siamo e facciamo.
Auguro a tutti, ed a me stesso, che sia un anno aikidosticamente intenso e soddisfacente.
Vi aspetto numerosi e motivati.
A presto.
Luca
Ripartiamo l'otto settembre, lunedì.
Giorni e orari sono gli stessi, ovverosia i giorni dispari dalle 19.00 alle 21.00.
In molti mi hanno consigliato di fare lezioni di durata minore, perchè due ore sono troppe.
Sono però restio ad assecondare un eccessivo ammorbidimento della fatica, anche mentale, connessa all'allenamento.
Non si deve, a mio giudizio, trasformare l'allenamento in un evento troppo rilassante...
Per rilassarsi, l'ho già detto, ci sono i massaggi...
Per pregare, ci sono i templi...
Per fare aikido, e spero un buon aikido, potete venire da noi.
Ad ottobre abbiamo lo stage con il maestro Montenegro.
E' un grande evento, e spero che prosegua la ascesa, in termini di partecipazione ed entusiasmo, di questo appuntamento con un grande istruttore.
Due settimane prima, il 4 e il 5 ottobre, mi pare, dovrebbe esserci uno stage nazionale e gratuito presso l'altra palestra.
E' un bene che Foggia ospiti raduni importanti, e dunque invito tutti i miei allievi a partecipare anche a quel momento.
Chi volesse venire a trovarci, perchè incuriosito dall'aikido, venga prima possibile.
Sarà un piacere accogliervi e spegare quello che siamo e facciamo.
Auguro a tutti, ed a me stesso, che sia un anno aikidosticamente intenso e soddisfacente.
Vi aspetto numerosi e motivati.
A presto.
Luca
sabato 26 luglio 2014
Orgoglioso bilancio di fine anno
Per il secondo anno consecutivo, siamo riusciti a proseguire gli allenamenti anche nel mese di luglio.
E' qualcosa che, lo confesso, mi inorgoglisce un pò.
Vuol dire che il dojo è vivo, il gruppo entusiasta, gli stimoli perduranti.
Se penso a dove abbiamo iniziato, e ai primi anni di vita di questa realtà, con uno o due persone lungo tutto l'anno, credo che possa dirsi che qualcosa di davvero grande è stato fatto.
Il merito di tutto questo, direi senza alcun dubbio, è del Maestro Fujimoto, del suo magnifico lascito, dell'entusiasmo per la disciplina che ha saputo trasmettere nella sua troppo breve vita.
E' curioso vedere, in una ipotetica mappa dell'aikido italiano, e in un meridione del tutto "defujimotizzato", questa sorta di enclave dell'insegnamento del Maestro in terra di Puglia e che si è andata ad aggiungere a quella ben più risalente rappresentata dal waka ki dojo di Domenico Casale.
Ne sono fiero.
Credo che cresceremo ancora.
Auguro a tutti buone vancanze.
Un pò di pausa è necessaria e serve a ricaricare le energie.
Per l'anno nuovo, con l'esame incombente, dovremo e dovò fare ancora meglio.
Si riprende l'otto settembre.
Un saluto.
Luca
E' qualcosa che, lo confesso, mi inorgoglisce un pò.
Vuol dire che il dojo è vivo, il gruppo entusiasta, gli stimoli perduranti.
Se penso a dove abbiamo iniziato, e ai primi anni di vita di questa realtà, con uno o due persone lungo tutto l'anno, credo che possa dirsi che qualcosa di davvero grande è stato fatto.
Il merito di tutto questo, direi senza alcun dubbio, è del Maestro Fujimoto, del suo magnifico lascito, dell'entusiasmo per la disciplina che ha saputo trasmettere nella sua troppo breve vita.
E' curioso vedere, in una ipotetica mappa dell'aikido italiano, e in un meridione del tutto "defujimotizzato", questa sorta di enclave dell'insegnamento del Maestro in terra di Puglia e che si è andata ad aggiungere a quella ben più risalente rappresentata dal waka ki dojo di Domenico Casale.
Ne sono fiero.
Credo che cresceremo ancora.
Auguro a tutti buone vancanze.
Un pò di pausa è necessaria e serve a ricaricare le energie.
Per l'anno nuovo, con l'esame incombente, dovremo e dovò fare ancora meglio.
Si riprende l'otto settembre.
Un saluto.
Luca
sabato 14 giugno 2014
Diseguaglianze virtuose
Ci sono, in linea di massima e per quanto mi riguarda, due tipi di allievo.
Quelli dai quali mi aspetto molto, e quelli dai quali non mi aspetto quasi nulla.
Ci sono naturalmente differenti sfumature, ma i primi generalmente sono quelli ai quali ogni tanto infliggo rispostacce, o ramanzine accorate.
I secondi sono quelli cui lascio fare un pò di tutto, certo entro limiti di decenza.
Ai primi, naturalmente, chiedo molto.
Se mancano, mi picco.
Se avverto che non sono completamente concentrati, ecco che parte il rimbrotto.
Quegli altri vengono continuamente incoraggiati, gli sorrido e mi mostro comprensivo e paterno.
Però, generalmente, non sono chiamati come uke.
Non contano molto, nella dinamica del dojo.
Non avranno mai davvero la mia dedizione.
Non vuole dire che non li segua, che non veda cosa fanno e che non tenti di farli crescere.
Nè tanto meno che questo giudizio sia definitivo, perchè si può passare facilmente dall'una all'altra tipologia.
Spero e credo però di rendere questa diversità di approccio.
Voglio che si veda che non sono trattati tutti allo stesso modo.
Anche negli esami, mi aspetto risultati completamente diversi, e pretendo preformance completamente diverse.
Non so, in fin dei conti, quanto i miei allievi sappiano di appartenere all'una o all'altra delle categorie.
Credo sia tuttavia un approccio corretto.
Non intendo, perchè credo sarebbe un tradimento della pedagogia che mi è stata trasmessa dal maestro Fujimoto, applicare una sorta di egualitarismo che non dica nulla della singolarità di ciascuno e dell'impegno messo.
Un'altra delle cose che ritengo di avere imparato da lui era proprio questo modo di procedere nel rapporto con chi lo seguiva.
Sorrideva a tutti, e dispensava gli stessi consigli.
D'altronde quello che mostrava era identico per tutti, eppure si capiva chi era veramente seguito e chi no.
Naturalmente, mi piace pensare che di me pensasse che fossi degno di appartenere alla tipologia dalla quale si aspettava qualcosa.
Ma chissà, forse non era così.
In questo caso, sarebbe stata una grande occasione persa.
Ai miei ragazzi chiedo di non avere dubbi, e di fare davvero il massimo.
Non risparmiarsi, non lasciarsi prendere dal demone della pigrizia.
Siate ambiziosi, fatevi valere.
Io cercherò di essere un insegnante dal quale aspettarsi qualcosa.
Ambizioso.
Che si fa valere.
Buon allenamento. Di corsa a preparare gli esami!
Quelli dai quali mi aspetto molto, e quelli dai quali non mi aspetto quasi nulla.
Ci sono naturalmente differenti sfumature, ma i primi generalmente sono quelli ai quali ogni tanto infliggo rispostacce, o ramanzine accorate.
I secondi sono quelli cui lascio fare un pò di tutto, certo entro limiti di decenza.
Ai primi, naturalmente, chiedo molto.
Se mancano, mi picco.
Se avverto che non sono completamente concentrati, ecco che parte il rimbrotto.
Quegli altri vengono continuamente incoraggiati, gli sorrido e mi mostro comprensivo e paterno.
Però, generalmente, non sono chiamati come uke.
Non contano molto, nella dinamica del dojo.
Non avranno mai davvero la mia dedizione.
Non vuole dire che non li segua, che non veda cosa fanno e che non tenti di farli crescere.
Nè tanto meno che questo giudizio sia definitivo, perchè si può passare facilmente dall'una all'altra tipologia.
Spero e credo però di rendere questa diversità di approccio.
Voglio che si veda che non sono trattati tutti allo stesso modo.
Anche negli esami, mi aspetto risultati completamente diversi, e pretendo preformance completamente diverse.
Non so, in fin dei conti, quanto i miei allievi sappiano di appartenere all'una o all'altra delle categorie.
Credo sia tuttavia un approccio corretto.
Non intendo, perchè credo sarebbe un tradimento della pedagogia che mi è stata trasmessa dal maestro Fujimoto, applicare una sorta di egualitarismo che non dica nulla della singolarità di ciascuno e dell'impegno messo.
Un'altra delle cose che ritengo di avere imparato da lui era proprio questo modo di procedere nel rapporto con chi lo seguiva.
Sorrideva a tutti, e dispensava gli stessi consigli.
D'altronde quello che mostrava era identico per tutti, eppure si capiva chi era veramente seguito e chi no.
Naturalmente, mi piace pensare che di me pensasse che fossi degno di appartenere alla tipologia dalla quale si aspettava qualcosa.
Ma chissà, forse non era così.
In questo caso, sarebbe stata una grande occasione persa.
Ai miei ragazzi chiedo di non avere dubbi, e di fare davvero il massimo.
Non risparmiarsi, non lasciarsi prendere dal demone della pigrizia.
Siate ambiziosi, fatevi valere.
Io cercherò di essere un insegnante dal quale aspettarsi qualcosa.
Ambizioso.
Che si fa valere.
Buon allenamento. Di corsa a preparare gli esami!
domenica 18 maggio 2014
E' successo a Bari...
E' successo, la settimana scorsa, che uno stage tenuto da un istruttore giovanissimo, che non ha da distribuire prebende sotto forma di gradi dan e giorni di presenza "nazionali", sia stato partecipatissimo e riuscito.
In entrambe le giornate, Daniele Montenegro ha calamitato attorno a sè circa trenta persone, tutte spinte da un grande entusiasmo e curiosità per il lavoro di questo insegnante e la sua conoscenza dell'aikido del maestro Fujimoto, facendo di questo appuntamento barese un evento importante della stagione aikidoistica regionale.
Anzi, direi più che regionale.
Non solo perchè erano presenti alcuni praticanti di altre regioni.
Soprattutto perchè, al momento, non credo ci siano molti raduni nei quali, a fronte di insegnanti che non danno gradi di terzo dan e oltre, e che vengano catalogati quali stage ordinari come tali "inutili" ai fini "amministrativi", si raccolga un numero così significativo di partecipanti di diverse provenienze.
Mi chiedo sempre, in questi casi, cosa accadrebbe se la regola dei giorni nazionali per il mantenimento della responsabilità di dojo o della qualità di esaminatore non ci fosse.
O se non si potessero organizzare stage gratuiti nei quali si facciano esami o che diano giorni nazionali.
Quanti stage in meno ci sarebbero, credo!
Qual'è il valore di uno stage nei nostri giorni?
Si sono create a mio giudizio biasimevolmente due categorie di stage.
Quelli che danno punteggio, per così dire, ossia quelli ad esempio gratuiti tenuti da membri della direzione didattica e, perchè no, con annessa sessione di esami anche per gradi alti.
E quelli che non danno punteggio.
Ci vai pagando, perchè pensi che sia interessante l'istruttore ed il lavoro che fa.
Qual'è il valore dei primi, e quale quello dei secondi?
E' una ridicola degenerazione, a mio giudizio, della funzione dei raduni, e non ci porterà lontano.
Quanto è valso partecipare al raduno del maestro Montenegro, la scorsa settimana?
Chiedetelo a quei trenta (o forse oltre).
Il mio giudizio lo conoscete già.
In entrambe le giornate, Daniele Montenegro ha calamitato attorno a sè circa trenta persone, tutte spinte da un grande entusiasmo e curiosità per il lavoro di questo insegnante e la sua conoscenza dell'aikido del maestro Fujimoto, facendo di questo appuntamento barese un evento importante della stagione aikidoistica regionale.
Anzi, direi più che regionale.
Non solo perchè erano presenti alcuni praticanti di altre regioni.
Soprattutto perchè, al momento, non credo ci siano molti raduni nei quali, a fronte di insegnanti che non danno gradi di terzo dan e oltre, e che vengano catalogati quali stage ordinari come tali "inutili" ai fini "amministrativi", si raccolga un numero così significativo di partecipanti di diverse provenienze.
Mi chiedo sempre, in questi casi, cosa accadrebbe se la regola dei giorni nazionali per il mantenimento della responsabilità di dojo o della qualità di esaminatore non ci fosse.
O se non si potessero organizzare stage gratuiti nei quali si facciano esami o che diano giorni nazionali.
Quanti stage in meno ci sarebbero, credo!
Qual'è il valore di uno stage nei nostri giorni?
Si sono create a mio giudizio biasimevolmente due categorie di stage.
Quelli che danno punteggio, per così dire, ossia quelli ad esempio gratuiti tenuti da membri della direzione didattica e, perchè no, con annessa sessione di esami anche per gradi alti.
E quelli che non danno punteggio.
Ci vai pagando, perchè pensi che sia interessante l'istruttore ed il lavoro che fa.
Qual'è il valore dei primi, e quale quello dei secondi?
E' una ridicola degenerazione, a mio giudizio, della funzione dei raduni, e non ci porterà lontano.
Quanto è valso partecipare al raduno del maestro Montenegro, la scorsa settimana?
Chiedetelo a quei trenta (o forse oltre).
Il mio giudizio lo conoscete già.
venerdì 25 aprile 2014
3 e 4 Maggio 2014 stage da non perdere
Ricordo a chiunque volesse vivere un week end di pratica aikidoistica di alto livello che sabato 3 e domenica 4 maggio a Bari il Waka Ki Dojo diretto da Domenico Casale ospita ed organizza uno stage del maestro Daniele Montenegro, giovanissimo e valente yondan, e insegnante di fama internazionale.
Si tratta, lo ripeto, di una occasione rara di vedere all'opera un istruttore di rilievo davvero speciale, la cui vicinanza al Maestro Fujimoto, del quale è stato per circa un decennio l'assistente personale, ha lasciato una impressionante capacità di esecuzione e profondità didattica.
Lo ritengo, mi è già capitato di dirlo ma lo ripeto perchè ne sono profondamente convinto, il successore più credibile dell'aikido elaborato dal Maestro negli ultimi lustri di vita, e che sono stati, a mio giudizio, quelli più incredibilmente evoluti e impressionanti.
A quel decennio e a quella vicinanza occorre aggiungere un grande talento personale, e una ricchissima esperienza da professionista della disciplina, che non vanno affatto trascurate nella valutazione complessiva del personaggio.
Ogni lezione con questo sensei lascia una grande sensazione di arricchimento e crescita aikidoistica, e non può fare restare indifferente chiunque voglia davvero progredire ed evolvere.
Da Foggia cercheremo di essere in tanti.
Spero che l'appuntamento venga valorizzato degnamente, e costituisca l'ennesimo tassello per l'affermazione di sensei Montenegro quale divulgatore prezioso e insostituibile del sapere e del lascito del mai troppo rimpianto Maestro Fujimoto.
Vi aspetto.
Si tratta, lo ripeto, di una occasione rara di vedere all'opera un istruttore di rilievo davvero speciale, la cui vicinanza al Maestro Fujimoto, del quale è stato per circa un decennio l'assistente personale, ha lasciato una impressionante capacità di esecuzione e profondità didattica.
Lo ritengo, mi è già capitato di dirlo ma lo ripeto perchè ne sono profondamente convinto, il successore più credibile dell'aikido elaborato dal Maestro negli ultimi lustri di vita, e che sono stati, a mio giudizio, quelli più incredibilmente evoluti e impressionanti.
A quel decennio e a quella vicinanza occorre aggiungere un grande talento personale, e una ricchissima esperienza da professionista della disciplina, che non vanno affatto trascurate nella valutazione complessiva del personaggio.
Ogni lezione con questo sensei lascia una grande sensazione di arricchimento e crescita aikidoistica, e non può fare restare indifferente chiunque voglia davvero progredire ed evolvere.
Da Foggia cercheremo di essere in tanti.
Spero che l'appuntamento venga valorizzato degnamente, e costituisca l'ennesimo tassello per l'affermazione di sensei Montenegro quale divulgatore prezioso e insostituibile del sapere e del lascito del mai troppo rimpianto Maestro Fujimoto.
Vi aspetto.
sabato 12 aprile 2014
Aikido della domenica
Ci si può svegliare la mattina dopo uno stage pieni di doloretti più o meno "invalidanti", e con la fortissima sensazione non solo che ne sia valsa la pena, ma che quei dolori siano la prova tangibile di avere fatto il dovuto, il necessario, ciò che va fatto per progredire e crescere di livello.
Io li capisco, i pigri.
Venire a fare stage come quello condotto dal Maestro Foglietta non è come andare a fare una passeggiata in bicicletta in giro per la città, o una scampagnata per prati.
Devi sudare, sopportare fatica, porre attenzione.
No, troppo stressante per molti.
Tuttavia, mi chiedo sempre in questi casi cosa ci si aspetti di avere da una pratica comoda, da pancia piena, o se vogliamo da approccio rilassato.
Scelgo di fare aikido perchè voglio rilassarmi?
Ma allora, benedetti figliuoli, non sarebbe molto meglio dedicarsi, chessò, alla pittur creativa, o prenotare una seduta di massaggi?
Mi fa sempre specie prendere atto come i più filosofeggianti tra i praticanti siano puntualmente i più pelandroni.
Praticano aikido per raggiongere improbabili illuminazioni, ma pretendono di arrivarci senza sudare.
Tutta questa tecnica e questa fisicità...
Ma non siamo mica atleti, si dicono...
O peggio, sportivi!
Siamo artisti marziali, cerchiamo l'assoluto.
Io dico, miei cari artisti, che dietro le illuminazioni ci sono grandi fatiche, mentali e fisiche.
Sarebbe opportuno dismettere i panni degli aspiranti saggi, perchè non è cosa per la maggior parte di noi, e divenire per lo meno dei discreti praticanti.
Detto questo, agli stage ci si diverte.
Soprattutto se si suda e si fa fatica.
Altrimenti a che serve?
Altrimenti è meglio fare una scampagnata.
Oppure un picnic.
Veniamo anche io e Foglietta.
Un saluto e buona pratica.
Io li capisco, i pigri.
Venire a fare stage come quello condotto dal Maestro Foglietta non è come andare a fare una passeggiata in bicicletta in giro per la città, o una scampagnata per prati.
Devi sudare, sopportare fatica, porre attenzione.
No, troppo stressante per molti.
Tuttavia, mi chiedo sempre in questi casi cosa ci si aspetti di avere da una pratica comoda, da pancia piena, o se vogliamo da approccio rilassato.
Scelgo di fare aikido perchè voglio rilassarmi?
Ma allora, benedetti figliuoli, non sarebbe molto meglio dedicarsi, chessò, alla pittur creativa, o prenotare una seduta di massaggi?
Mi fa sempre specie prendere atto come i più filosofeggianti tra i praticanti siano puntualmente i più pelandroni.
Praticano aikido per raggiongere improbabili illuminazioni, ma pretendono di arrivarci senza sudare.
Tutta questa tecnica e questa fisicità...
Ma non siamo mica atleti, si dicono...
O peggio, sportivi!
Siamo artisti marziali, cerchiamo l'assoluto.
Io dico, miei cari artisti, che dietro le illuminazioni ci sono grandi fatiche, mentali e fisiche.
Sarebbe opportuno dismettere i panni degli aspiranti saggi, perchè non è cosa per la maggior parte di noi, e divenire per lo meno dei discreti praticanti.
Detto questo, agli stage ci si diverte.
Soprattutto se si suda e si fa fatica.
Altrimenti a che serve?
Altrimenti è meglio fare una scampagnata.
Oppure un picnic.
Veniamo anche io e Foglietta.
Un saluto e buona pratica.
martedì 1 aprile 2014
Stage con il maestro Foglietta, 5 e 6 aprile 2014
Sabato e domenica prossimi terremo a Foggia uno stage diretto dal Maestro Roberto Foglietta, VI dan di aikido, già consigliere dell'aikikai d'Italia e da oltre trent'anni responsabile dei dojo di Pesaro e Rimini ren bu Kai.
E' da noi per la quinta volta, e spero che all'appuntamento non manchino in specie gli aikidoisti della zona.
Tuttavia la caratura del personaggio, spesso impegnato nella conduzione di raduni in tutta Europa, consiglierebbe anche a chi è lontano di venirci a trovare.
Ribadisco che stage del genere non sono semplici da organizzare, e costituiscono occasioni irripetibili per una pratica diversa e più stimolante di quella ordinaria del dojo di appartenenza.
L'insegnante è prezioso e di livello alto, e sarebbe un peccato non partecipare ad un momento di raduno di diverse scuole ed esperienze di questo genere.
Non ho bisogno di aggiungere altro.
Chi verrà, tornerà certamente alla propria pratica quotidiana più forte e maturo.
Vi aspetto.
La locandina, è sul sito aikikai.
Per ogni informazione, non esitate a contattarmi.
Luca
E' da noi per la quinta volta, e spero che all'appuntamento non manchino in specie gli aikidoisti della zona.
Tuttavia la caratura del personaggio, spesso impegnato nella conduzione di raduni in tutta Europa, consiglierebbe anche a chi è lontano di venirci a trovare.
Ribadisco che stage del genere non sono semplici da organizzare, e costituiscono occasioni irripetibili per una pratica diversa e più stimolante di quella ordinaria del dojo di appartenenza.
L'insegnante è prezioso e di livello alto, e sarebbe un peccato non partecipare ad un momento di raduno di diverse scuole ed esperienze di questo genere.
Non ho bisogno di aggiungere altro.
Chi verrà, tornerà certamente alla propria pratica quotidiana più forte e maturo.
Vi aspetto.
La locandina, è sul sito aikikai.
Per ogni informazione, non esitate a contattarmi.
Luca
giovedì 20 febbraio 2014
Due anni
Rimane, come sempre in questi casi, il dubbio su che cosa avrebbe potuto fare un genio di quella caratura qualora fosse vissuto di più.
E' venuto a mancare nel momento di massima creatività e splendore.
Il suo aikido, che era già e da sempre elegante, sferico, preciso e dinamico, si era venuto affinando magnificamente, sino a toccare vette di bellezza ed efficacia a mio giudizio inarrivabili dagli altri shihan.
Un maestro giunto giovanissimo e certamente incompleto aveva, non si comprende come, percorso una strada di perfezionamento didattico e di esecuzione inimmaginabile e stupefacente, trasformandosi in uno shihan ammiratissimo e ricercato dagli aikidoka di tante nazioni e continenti.
Come ha fatto a fare tutto questo, davvero non saprei.
Credo si sia trattato di un genio assoluto, unico e insuperabile.
Abbiamo avuto, meritandolo o meno, la incredibile fortuna di averlo in Italia, accanto a noi per quaranta anni prima che un male implacabile ce lo portasse via.
Ricordo bene che, assai prima di ammalarsi gravemente, e iniziare un inarrivabile avvicinamento alla morte con una dignità e una dedizione all'aikido che non ha eguali, già diceva che, avvicinandosi la soglia dei sessant'anni, avrebbe smesso assai presto, e ci aveva invitato a seguirlo assiduamente, perchè poi non sarebbe stato più possibile.
La predizione si è rivelata tragicamente azzeccata, e ce lo ha portato via rapidissimamente.
Per mia fortuna lo presi terribilmente sul serio, e ho cercato di perdermi poco di quanto tempo restava.
Da questo punto di vista, non ho particolari rimpianti, e tuttavia la cosa mi consola pochissimo.
Ho imparato grazie a lui e in specie nell'ultimo biennio una quantità e una qualità di cose sull'aikido, e mi permetto di dire su come si sta al mondo, da essergliene grato finchè vivrò.
Mi manca moltissimo la sua guida, che mi ha permesso di apprezzare davvero, e profondamente, la disciplina alla quale dedico una parte così importante dei miei pensieri e dei miei momenti.
Affermo, perchè so che è così, che avrei lasciato l'aikido almeno dieci anni fa, qualora questo immenso maestro non si fosse trovato sulla mia strada.
Affermo inoltre, e so che è così, che grazie a lui non lascerò mai l'aikido.
Grazie infinitamente, Sensei.
Per sempre tuo.
Foggia
E' venuto a mancare nel momento di massima creatività e splendore.
Il suo aikido, che era già e da sempre elegante, sferico, preciso e dinamico, si era venuto affinando magnificamente, sino a toccare vette di bellezza ed efficacia a mio giudizio inarrivabili dagli altri shihan.
Un maestro giunto giovanissimo e certamente incompleto aveva, non si comprende come, percorso una strada di perfezionamento didattico e di esecuzione inimmaginabile e stupefacente, trasformandosi in uno shihan ammiratissimo e ricercato dagli aikidoka di tante nazioni e continenti.
Come ha fatto a fare tutto questo, davvero non saprei.
Credo si sia trattato di un genio assoluto, unico e insuperabile.
Abbiamo avuto, meritandolo o meno, la incredibile fortuna di averlo in Italia, accanto a noi per quaranta anni prima che un male implacabile ce lo portasse via.
Ricordo bene che, assai prima di ammalarsi gravemente, e iniziare un inarrivabile avvicinamento alla morte con una dignità e una dedizione all'aikido che non ha eguali, già diceva che, avvicinandosi la soglia dei sessant'anni, avrebbe smesso assai presto, e ci aveva invitato a seguirlo assiduamente, perchè poi non sarebbe stato più possibile.
La predizione si è rivelata tragicamente azzeccata, e ce lo ha portato via rapidissimamente.
Per mia fortuna lo presi terribilmente sul serio, e ho cercato di perdermi poco di quanto tempo restava.
Da questo punto di vista, non ho particolari rimpianti, e tuttavia la cosa mi consola pochissimo.
Ho imparato grazie a lui e in specie nell'ultimo biennio una quantità e una qualità di cose sull'aikido, e mi permetto di dire su come si sta al mondo, da essergliene grato finchè vivrò.
Mi manca moltissimo la sua guida, che mi ha permesso di apprezzare davvero, e profondamente, la disciplina alla quale dedico una parte così importante dei miei pensieri e dei miei momenti.
Affermo, perchè so che è così, che avrei lasciato l'aikido almeno dieci anni fa, qualora questo immenso maestro non si fosse trovato sulla mia strada.
Affermo inoltre, e so che è così, che grazie a lui non lascerò mai l'aikido.
Grazie infinitamente, Sensei.
Per sempre tuo.
Foggia
sabato 25 gennaio 2014
Aikido dinamico
Ho letto qualche libro di aikido, talvolta, e non ho mai rinvenuto, nella spiegazione delle tecniche, il benchè minimo accenno al tenere le anche basse, o le ginocchia flesse, o a svolgere movimenti ampi e aperti.
Le spiegazioni sono generalmente rivolte ad aspetti legati alla dinamica delle mani e dei polsi, la posizione dei piedi, o contengono suggerimenti su dove poter colpire o, spesso, sull'atteggiamento mentale da tenere per conseguire importanti risultanti nel possibile combattimento o addirittura nella vita.
Praticare sotto la guida del maestro Fujimoto comportava invece un continuo richiamo all'atteggiamento del corpo, e si accompagnava generalmente a pertinenti riflessioni su cosa sia il movimento aikidoistico, e su quanto sia importante caratterizzare l'allenamento di una certa "fisicità", o se preferiamo un effettivo dinamismo.
Il Maestro, mi è già capitato di dirlo, ha praticato e illustrato sino all'ultimo, anche quando la malattia lo aveva oramai vinto, con quell'attenzione alla muscolarità.
Muscolarità, naturalmente, mai intesa alla stregua di spendita e accumulo di forza bruta, ma al contrario come sano irrobustimento, ed effettivo impiego tuttavia delle fasce muscolari e della energia che esse possono determinare.
La muscolarità, ad esempio, richiesta nel tenere una presa di tori, nella quale evitare che si apra uno spazio nel palmo della mano di chi tiene, e che ci obbliga a piegare le ginocchia, adeguare il corpo alla condizione di schiacciamento cui ci costringe la azione del compagni di allenamento.
Prima di iniziare il mio percorso con questo straordinario Shihan, ero anche io, che pure praticavo da tanti anni, completamente a digiuno di nozioni di questo genere.
Ancora oggi, mi capita, sia pure piuttosto raramente, di avere visite di qualche praticante proveniente da altri dojo, e che magari è incuriosito dalle mie lezioni e dalle riflessioni che derivano dalla mia esperienza con il Maestro, ed al quale propongo appunto quel modo di fare aikido.
La lezione è allora, generalmente, tutta un "abbassa le anche, tieni la presa, avvicinati a lui, chiudi le ascelle, adotta posizioni più lunghe", e così via.
La mia sensazione è spesso che rifiutino questo approccio, che certamente gli appare faticoso appunto muscolarmente, e difatti di solito non tornano.
Vanno all'altra palestra, nella quale si fa in maniera differente.
Quando parlo di aikido dinamico, io non intendo evidentemente una pratica nella quale si tiri in maniera forsennata, magari a ritmo altissimo, ma rimanendo pressochè fermi sul posto, o rigidi come pertiche, o al più collezionando cadute su cadute, senza la benchè minima precisione, tecnica, corretta distanza e postura.
Fare una tecnica in suwariwaza senza fare un passo, ma magari impiegando grande forza nelle braccia.
Dinamismo vuol dire anzitutto muoversi.
Per muoversi durante la pratica, ad esempio quando siamo uke, vuo dire seguire il movimento cui ci costringe tori, reagire alle sue sollecitazioni, creare delle controspinte, accettare gli sbilanciamenti che si dovrebbero creare.
Vuol dire, in sostanza, coprire metri, o tatami se preferiamo, sia che riceviamo la tecnica che quando la eseguiamo.
Muoversi marzialmente, o se vogliamo aikidoisticamente, richiede, data la matrice marziale, anche una postura bassa e lunga, o meglio alternare posture basse ad altre alte, magari più e più volte durante l'esecuzione di una stessa tecnica.
E' faticoso muscolarmente, e costringe a pensare a cosa si sta facendo, e a prestare grande attenzione alla precisione.
Ma è così che questa pratica ha un senso.
E' così che è possibile eseguire tecniche credibili.
Nell'aikido non c'è verifica della efficacia.
Se un tennista invece non piega le ginocchia, o non si sposta sul campo, certamente sbaglia il colpo, o non raggiungerà nemmeno la palla.
Provate, per avere la conferma.
Pensiamo anche a questo, quando pratichiamo, per avere un riscontro.
L'illuminazione, forse, arriverà.
Nel frattempo, sarebbe il caso di praticare degnamente.
Buon allenamento.
Le spiegazioni sono generalmente rivolte ad aspetti legati alla dinamica delle mani e dei polsi, la posizione dei piedi, o contengono suggerimenti su dove poter colpire o, spesso, sull'atteggiamento mentale da tenere per conseguire importanti risultanti nel possibile combattimento o addirittura nella vita.
Praticare sotto la guida del maestro Fujimoto comportava invece un continuo richiamo all'atteggiamento del corpo, e si accompagnava generalmente a pertinenti riflessioni su cosa sia il movimento aikidoistico, e su quanto sia importante caratterizzare l'allenamento di una certa "fisicità", o se preferiamo un effettivo dinamismo.
Il Maestro, mi è già capitato di dirlo, ha praticato e illustrato sino all'ultimo, anche quando la malattia lo aveva oramai vinto, con quell'attenzione alla muscolarità.
Muscolarità, naturalmente, mai intesa alla stregua di spendita e accumulo di forza bruta, ma al contrario come sano irrobustimento, ed effettivo impiego tuttavia delle fasce muscolari e della energia che esse possono determinare.
La muscolarità, ad esempio, richiesta nel tenere una presa di tori, nella quale evitare che si apra uno spazio nel palmo della mano di chi tiene, e che ci obbliga a piegare le ginocchia, adeguare il corpo alla condizione di schiacciamento cui ci costringe la azione del compagni di allenamento.
Prima di iniziare il mio percorso con questo straordinario Shihan, ero anche io, che pure praticavo da tanti anni, completamente a digiuno di nozioni di questo genere.
Ancora oggi, mi capita, sia pure piuttosto raramente, di avere visite di qualche praticante proveniente da altri dojo, e che magari è incuriosito dalle mie lezioni e dalle riflessioni che derivano dalla mia esperienza con il Maestro, ed al quale propongo appunto quel modo di fare aikido.
La lezione è allora, generalmente, tutta un "abbassa le anche, tieni la presa, avvicinati a lui, chiudi le ascelle, adotta posizioni più lunghe", e così via.
La mia sensazione è spesso che rifiutino questo approccio, che certamente gli appare faticoso appunto muscolarmente, e difatti di solito non tornano.
Vanno all'altra palestra, nella quale si fa in maniera differente.
Quando parlo di aikido dinamico, io non intendo evidentemente una pratica nella quale si tiri in maniera forsennata, magari a ritmo altissimo, ma rimanendo pressochè fermi sul posto, o rigidi come pertiche, o al più collezionando cadute su cadute, senza la benchè minima precisione, tecnica, corretta distanza e postura.
Fare una tecnica in suwariwaza senza fare un passo, ma magari impiegando grande forza nelle braccia.
Dinamismo vuol dire anzitutto muoversi.
Per muoversi durante la pratica, ad esempio quando siamo uke, vuo dire seguire il movimento cui ci costringe tori, reagire alle sue sollecitazioni, creare delle controspinte, accettare gli sbilanciamenti che si dovrebbero creare.
Vuol dire, in sostanza, coprire metri, o tatami se preferiamo, sia che riceviamo la tecnica che quando la eseguiamo.
Muoversi marzialmente, o se vogliamo aikidoisticamente, richiede, data la matrice marziale, anche una postura bassa e lunga, o meglio alternare posture basse ad altre alte, magari più e più volte durante l'esecuzione di una stessa tecnica.
E' faticoso muscolarmente, e costringe a pensare a cosa si sta facendo, e a prestare grande attenzione alla precisione.
Ma è così che questa pratica ha un senso.
E' così che è possibile eseguire tecniche credibili.
Nell'aikido non c'è verifica della efficacia.
Se un tennista invece non piega le ginocchia, o non si sposta sul campo, certamente sbaglia il colpo, o non raggiungerà nemmeno la palla.
Provate, per avere la conferma.
Pensiamo anche a questo, quando pratichiamo, per avere un riscontro.
L'illuminazione, forse, arriverà.
Nel frattempo, sarebbe il caso di praticare degnamente.
Buon allenamento.
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