Procedo a rendicontare, sia pure con un pò di ritardo, due stages svoltisi sul finire dell'anno passato.
Il primo è quello di Foggia, tenutosi l'ultmia settimana di Novembre, e diretto da sensei Daniele Montenegro.
Il secondo, il raduno di Natale, "tornato" a via Porpora dopo l'intermezzo di due anni a Lambrate.
Quanto allo stage di Montenegro, dirò che esso rappresenta il seguito di quello svoltosi nel gennaio 2012, e che ha iniziato una collaborazione che personalmente mi sta molto a cuore, e che trovo preziosissima per il dojo che conduco e la realtà foggiana e pugliese tutta.
Sensei Montenegro, uno dei più stretti collaboratori e allievi del Maestro Fujimoto per oltre dieci anni, ha impostato la prima lezione, quella del sabato, su tecniche di entrata da aihanmi katatetori preparatorie di waza assai più complessi, quali quelli di leva da attacchi in ushiro katatetori kubishime, in altre parole gli strangolamenti.
Afferrato da uke al polso, tori procedeva ad entrare nella guardia di quello attraverso un movimento diretto, da effettuarsi con lo spostamento della gamba interna, ossia quella più vicina ad uke e corrispondente alla mano afferrata.
Ha preferito lavorare su questo ingresso, differente da quello tradizionalmente utilizzato, appunto perchè le tecniche miravano a preparare gli ushiro waza, nelle quali evidentemente non è possibile spostarsi se non con quella gamba.
Uke, difatti, nell'applicare lo strangolamento tende a tirare verso di sè tori, cosicchè, non essendoci possibilità di spostamento se non minimo, si rende necessario uscire nella direzione dalla quale proviene l'attacco nel contempo "alzando" il braccio dell'aggressore attraverso un movimento di te sabaki (girando il polso in modo da vedere il dorso della mano) che ne sposti in alto, appunto, il baricentro.
Abbiamo eseguito così tecniche base di leva, ossia ikkyo, nikkyo e sankyo, omote e ura, operando anche la variante rappresentata dalla uscita in ginocchio e lavorando anche sulla mano opposta, ossia quella dello strangolamento.
Grande attenzione è stata riservata, come illustrava sempre il Maestro, alla necessità di non spezzare il contatto tra i due partners, rimanendo bassi e raccolti, e vicini ad uke.
Il secondo giorno, Montenegro ha invece lavorato sulle tecniche da gyakuhanmi katatetori, prevalentemente ikkyo, enfatizzando in particolare il te sabaki necessario a fare muovere attorno a tori l'uke (ancora una volta ruotando il polso e costringendo uke, se "vuole" tenere, a "camminare" per mantenere la presa e riavvicinarsi a tori), e il movimento dello stesso uke indispensabile per conservare la presa e consentire la prosecuzione e conclusione delle tecniche.
E' stato, conclusivamente, uno stage interessantissimo, ricco di spunti e nozioni che mi hanno ricordato in maniera vivissima le lezioni "Fujimotiane", piene di dettagli e stimoli, con una impressionante attenzione ad ogni aspetto tecnico e marziale, e senza alcun cedimento all'improvvisazione e alla frenesia.
In altre parole, si è studiato, e non solo sudato.
E' stato un raduno talmente convincente, che anche a Bari hanno deciso di invitare Montenegro nella seconda metà di maggio, il che, spero, costituirà un ulteriore tassello verso la definitiva affermazione di questo straordinatrio insegnante.
Si è poi svolto a Milano, tra Natale e Capodanno, il tradizionale stage nazionale, come dicevo "rientrato" a Via Porpora, nel dojo Fujimoto.
Il posto è piccolo, va detto, e conseguentemente si è reso necessario organizzare i due turni divisi tra mudansha e yudansha.
Si sono alternati i maestri Travaglini e Foglietta, entrambi sesti dan e incaricati, dallo stesso Maestro Fujimoto, di dirigere i due stages, quello di Laces e quello di Natale, che costituivano i due raduni principali del gruppo.
Le lezioni hanno avuto ad oggetto tecniche di ogni genere, come è tradizione negli stages lunghi, e hanno riguardato attacchi "semplici", quali prese al polso (ma il Maestro diceva sempre che le tecniche più difficili sono quelle dell'esame di sesto kyu) sino a combinazioni complicate quali ushiro eri dori o, non so, katatori menuchi in suwariwaza.
E' stato uno stage bello, pienissimo di partecipanti, con la sala letteralmente stracolma.
Anche in questo contesto, è stata prestata straordinaria attenzione ai dettagli e agli aspetti tecnici di ogni waza affrontato, con enorme cura nello spiegare le caratteristiche del contatto uke tori e della "genesi" delle tecniche e dei movimenti.
Sono rientrato da Milano con una impressionante voglia, direi anzi bramosia, di praticare, segnale inequivocabile della riuscita dello stage, della carica che mi ha dato e degli spunti di lavoro che ne ho tratto.
E' stato bello rivedere così tanti praticanti e un clima così intenso ed entusiasta, perchè ha sfatato la mia preoccupazione di una progressiva scomparsa del "gruppo Fujimoto" e con esso di quello splendido sapere.
Concludo dicendo che il mio auspicio è che tutto ciò vada avanti, e che tensioni personalistiche e protagonismi non minino questo magnifico patrimonio dell'aikido italiano e mondiale.
Il Maestro non c'è più, ma il suo incredibile lavoro, maturato in particolare negli ultimi due anni, quelli che hanno seguito la tremenda diagnosi e la altrettanto fatale conclusione, hanno dato i frutti sperati, e sembrano indurre tranquillità.
Ci manca tantissimo, ma il suo aikido è vivo e vitale.
A presto.
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