Tra poco più di un mese, si svolgerà a Roma la celebrazione dei cinquant'anni di presenza ufficiale dell'aikido in Italia.
E' un evento, quello della festa dell'associazione, che si ripete ogni decennio, ma posso dire che nel ricordo degli aikidoisti, per lo meno quelli della mia generazione, rimane molto vivo quello della celebrazione del trentennale, avvenuta nel 1994.
Avvenne ancora a Roma (dove torna dopo il quarantennale organizzato a Bologna), e di quelle giornate girano anche molti video con le dimostrazioni di alcuni tra i più grandi maestri allora viventi.
Intervennero naturalmente gli shihan residenti, ossia Fujimoto, Hosokawa, Kurihara.
Fujimoto, che allora per me era un insegnante molto lontano e mai visto, fu autore di un embukai magnifico.
Potente, sferico, elegantissimo.
Hosokawa si cimentò in particolare in una serie di tecniche di koshinage velocissime e stupende, forse anche troppo se consideriamo che l'uke prese una fenomenale craniata, ma senza rimanerci secco.
Kurihara, che a Foggia veniva spesso e ci seguiva mensilmente, picchiò come un dannato dando una grande sensazione di efficacia (soprattutto da attacchi da coltello), con sicuro effetto di reclutamento di nuovi iscritti.
Poi c'erano Asai, Ikeda, e alcuni maestri giapponesi meno noti quali Kubota, Yamada (non Yoshimitsu), Tsuboi.
C'erano poi il Maestro Tada, l'origine di tutto.
E il Doshu dell'epoca, il già vecchio Kisshomaru.
Fece, supportato da due grandissimi uke, un bellissimo embukai.
Erano giorni più felici.
L'aikido italiano era in piena espansione, e godeva di ben tre Maestri residenti, e di un immenso shihan che lo dirigeva ancora forte e giovane.
A distanza di venti anni, mi pare che la situazione si sia molto complicata.
L'associazione mi risulta abbia perduto, lo scorso anno, qualcosa come cinquecento iscritti.
Credo si tratti di una notizia piuttosto sconvolgente, perchè vuol dire che abbiamo perduto qualcosa come il dieci per cento dei praticanti.
Non so se si tratti di gente che smette di fare aikido, e non viene rimpiazzata, o di persone che proseguono in altre organizzazioni.
D'altronde, da qualche anno non abbiamo più insegnanti giapponesi residenti.
Cosa festeggiamo, allora?
Una storia cinquantennale, certo.
Ma ci saremo tra cinquant'anni? Come associazione, intendo.
Pur non essendo affatto un entusiasta del ricambio generazionale a tutti i costi (le capacità non sono mai un fatto esclusivamente anagrafico), ritengo che la nostra associazione sia decisamente gerontocratica, e che d'altronde sia lo specchio del Paese stesso.
Anche lo stage del cinquantennale, d'altro canto, ne è in qualche modo una dimostrazione.
Ci saranno gli stessi identici insegnanti giapponesi di venti anni fa, o meglio quelli che sono sopravvissuti, ma con venti anni di più.
Al trentennale il doshu era il più vecchio, ora sarà il più giovane (eppure non è un ragazzino, diciamo così).
La nostra direzione didattica (bizzarro organo con nomina a vita) si esibirà con la età media credo di oltre settant'anni dei suoi venerati membri, ai quali compete lo svolgimento esclusivo di tutti gli stage promozionali (a proposito, c'è ne è uno a Foggia all'inizio di ottobre; è gratis, e dà punteggio, dunque accorrete).
Speriamo bene.
Parafrasando Allen, direi però che Ueshiba è morto, Fujimoto pure... e anche io non mi sento un granchè bene.
Buona festa, aikikai cara.
Verrò anche io a portare un regalino e rievocare i bei vecchi tempi.
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