domenica 26 ottobre 2014

Stage di ottobre. Qualche riflessione.

Abbiamo partecipato, a Foggia il fine settimana scorso, ad uno stage intenso e ricchissimo, sotto la guida di sensei Montenegro.
Partecipazione entusiasta e un buon numero di praticanti hanno ascoltato raffinate spiegazioni e illustrazioni puntuali e scientifiche sulla costruzione ed esecuzione di tecniche complesse e articolate, permettendoci di rivivere il clima di studio e ricerca che erano propri dei seminari del Maestro Fujimoto.
Niente, e questo è quello che trovo davvero affascinante, risulta semplice come lo si immagina, quando la spiegazione viene affidata ad un istruttore così qualificato e dalla conoscenza così radicata e raffinata.
Nulla dei singoli aspetti di waza apparentemente conosciutissimi e noti risulta scontato e già rivelato quando pratichi con questo genere di insegnanti, la cui didattica spiega bene perchè ogni e singolo aspetto della tecnica vada curato in ogni suo dettaglio perchè un sistema marziale possa dirsi serio e credibile.
Lo ripeto, perchè mi sembra lapalissiano.
La tecnica è la base di tutto.
Posso suonare la chitarra con grande trasporto e passione, ma rimarrò uno strimpellatore sino a quando non acquisirò consistenza tecnica.
Posso giocare a tennis correndo come un pazzo e tirando legnate, ma la palla non entrerà in campo e l'avversario mi farà a pezzi sino a quando non mi dedicherò davvero al perfezionamento della mia tecnica di impatto palla, piazzamento, tempo del colpire, la mia preparazione atletica.
Perchè per l'aikido possa essere differente, rimane un mistero.
Sento dire che nell'aikido la tecnica è secondaria, e rimango basito.
Ma che diavolo vuol dire?
Ho partecipato ad uno stage tenutosi ancora  a Foggia due settimane prima, e non ho trovato il benchè minimo spunto tecnico che fosse suscettibile di essere trasmesso nel corso delle mie lezioni successive.
E' possibile che si tramandi un sapere che non riceve una trasmissione compiuta e dettagliata?
Quando non avremo più, e sta già accadendo, grandissimi maestri che "colmano" le nostre lacune, che tipo di conoscenza saremo in grado di trasmettere?
Ecco, per rispondere a questo tipo di domande, uno stage come quello di Montenegro sensei mi sembra essere la migliore delle soluzioni possibili.
Scientificità. Precisione. Cura di ogni particolare.
Perchè faccio qualcosa, perchè accade qualcosa, cosa accade se non faccio le cose in questo modo.
Altrimenti nulla, a mio giudizio, ha senso.
E non sopravviverà mai, l'aikido, al venir meno delle sue grandissime figure, che ancora sono in gran misura il collante, la forza che tiene assieme tutto il nostro mondo.
E poi fatica, sudore, niente chiacchiere sull'infinito, le vette della spiritualità, i saluti al sole.
In giro per il mondo, nei dojo di aikido dalla Groenlandia alla Australia, una tecnica è una tecnica, pure con le sue sfumature e differenti interpretazioni.
Nei dojo di aikido si trasmette un complesso di conoscenze organizzato, non sensazioni e grandi verità sulla vita.
La nostra disciplina può certamente aiutare ad essere persone migliori, ma attraverso la pratica, non le preghiere.
La cultura giapponese è fare, molto più che parlare.
Fare le cose in modo impeccabile, perchè la nostra presenza abbia un senso.
Da questo deriva tutto il resto.
Vivere ogni momento con intensità, irripetibilità.
Da qui giunge la unicità del Giappone e il fascino che promana da esso e dalla sua storia.
Ichi go. Ichi e.
Detto questo, ognuno trovi la sua strada.
Noi, allo stage, ci siamo divertiti e abbiamo imparato molte cose.
Chi ha ritenuto di non venire, forse sa già tutto. Buon per lui.
Buon allenamento a tutti, quale che sia l'idea di allenamento che abbiamo.
Alla prossima.

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