domenica 14 aprile 2013

Crescere troppo presto.

Ho iniziato a praticare aikido oltre venti anni fa, sul finire del 1990.
Feci aikido perchè nutrivo da sempre interesse per le arti marziali, e, nello scegliere su quale di esse indirizzarmi, sentii parlare di questa (per me completamente sconosciuta) disciplina.
Seagal, in altre parole, non ha avuto alcun ruolo.
Mi sono allora iscritto, il dojo si chiamava aikikai Foggia, e non era all'epoca neppure l'unico in città.
Uno, non ricordo come si chiamasse l'associazione, era diretto da una persona che aveva, udiete udite, studiato anni con il Maestro Fujimoto a Milano.
Io però scelsi quell'altro, e non accadde perchè discettavo di preferenze didattiche e stilistiche, bensì perchè ci andavano già due miei compagni di scuola.
Tuttavia andavo spesso a curiosare alle lezioni di quell'altra scuola, della quale, a dire il vero, non comprendevo le differenze tecniche.
Ricordo che pensavo che facessero molte più cadute, ma per il resto mi sembrava sostanzialmente la stessa cosa.
Naturalmente non era vero, ma era quello che vedevo.
Stage, a Foggia e dintorni, se ne organizzavano pochi, perchè all'epoca a tenerli erano soltanto maestri giapponesi.
Comunque, se ve ne erano, semplicemente si andava, e non si pensava che fossero troppo costosi, nè tanto meno che vi fossero istruttori graditi o meno.
Tranquilli, non voglio raccontare la storia della mia pratica aikidoistica.
Volevo raccontare quella che era la mia, e la nostra (anche i miei compagni di allenamento erano come me) "ingenuità" nell'approcciare allo studio.
Sapevamo anche noi che, non so, Fujimoto faceva in un modo e Hosokawa in un altro, o che Tada aveva uno stile tutto suo.
Tuttavia, da principianti, non ci ponevamo affatto il problema.
Erano tutti eccezionali.
La mia palestra era "non Fujimotiana", per un certo periodo era molto vicina a Kurihara, che ci seguiva molto, ma io, come dicevo, andavo a curiosare nel lavoro degli altri.
Quello che noto, è che adesso i principianti (intesi come le cinture bianche, soprattutto ai primi anni) sono molto più ideologizzati.
Già pretendono di avere un percorso didattico e tecnico di riferimento.
Se allora la mia palestra organizza uno stage con l'insegnante che "fa come Fujimoto", ecco che gli studenti dell'altra scuola non vengono, e nemmeno a curiosare.
Non vengono a praticare e neppure ad assistere.
Non si affacciano alle mie lezioni, nè lo fanno i miei, ai quali invece dico di andare a vedere il lavoro degli altri.
A me pare incredibile.
Come possono non essere curiosi?
Una persona che fa aikido da, chessò, due anni, non ha neppure i mezzi mentali per comprendere davvero quelle che sono le differenze e le vicinanze tra un metodo ed un altro.
Che occorra scegliere, ad un certo punto, sono assolutamente convinto.
Tuttavia, lo si può e lo si deve fare quando si è compiuta una parte accettabilmente lunga della strada, quella diciamo così generica, ed è venuto il momento di "specializzarsi".
D'altro canto, il Maestro Fujimoto, che per me è stata letteralmente una folgorazione, è arrivato tardi nella mia vita aikidoistica, come penso fosse giusto che accadesse, perchè in questo modo ho potuto davvero capire la sua infinita grandezza.
Ora, è vero che esistono storie d'amore nate quando due persone avevano, chessò, quattordici anni.
Si sono scelti, e non si sono più lasciati.
Però sono eccezioni.
Normalmente, per un certo tempo, piò o meno lungo certo, occorre sperimentare, conoscere, in altre parole formarsi.
Occorre guardarsi intorno, assaggiare un pò tutto di quello che ci viene proposto, e solo quando ci si è sufficentemente completati, ecco che può compiersi una scelta consapevole e "informata".
Dunque, principianti e mudansha, e più in generale chiunque non abbia ancora trovato la propria strada, devono essere incoraggiati a curiosare, e a frequentare gruppi di lavoro differenti ed eterogenei.
Non chiudetevi, almeno sino a quando non sarete certi, perchè avrete scelto dopo un periodo di formazione apprezzabilmente lungo e vario, a quale stile e Maestro di riferimento vorrete votarvi.
A quel punto, dedicatevi anima e corpo a quel modello, e cercate di apprendere tutto il possibile di quello.
Senza comunque chiudersi in una specie di convento di clausura.
Tenendo gli occhi e le orecchie aperte.
Senza fideismi e idolatrie.
Buona pratica a tutti.
Luca

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