domenica 24 febbraio 2013

Ad un anno dalla scomparsa del Maestro

Il 20 febbraio scorso è passato un anno dalla morte del Maestro Fujimoto.
Mi capita spesso di parlare di lui agli allievi, che in gran parte non lo hanno mai conosciuto, ma non ho mai ben capito se mi riesce davvero di rendere efficacemente tutta la grandezza ed eccezionalità di questo personaggio, anche se considerato alla luce di altri grandi shihan e maestri che lo hanno preceduto e che ne sono stati contemporanei.
Sembrano incuriositi, e certamente comprendono, da quello che dico, quanta importanza abbia avuto la sua influenza sul mio modo di praticare e insegnare.
Tuttavia, ho qualche volta il dubbio che pensino che la mia fosse una specie di adorazione, una sorta di infatuazione, il che mi dispiacerebbe, perchè non si è mai trattato di questo.
Sono una persona abbastanza aliena da questi rischi, e comunque l'ho seguito troppo sporadicamente perchè potessi invaghirmi della personalità, certamente magnetica, del Maestro.
Comunque, quello che era impressionante era anzitutto la sua didattica.
Univa un sapere enciclopedico ad un talento unico ed inarrivabile, ed era un faro luminosissimo e rivelatore.
Era capace di scomporre e rimontare le tecniche e i movimenti, spiegarne ogni momento e aspetto, rendendo perfettamente comprensibile ogni più remoto particolare e segreto.
Non ho mai visto, in alcun altro Maestro, una capacità altrettanto sovraumana di dominare ogni singolo frammento della esecuzione dei waza.
Quello che era abbastanza stupefacente, peraltro, era che quando poi quei singoli frammenti venivano ricomposti, e l'esecuzione accellerata, la tecnica risultava avere la stessa identica precisione di quando l'aveva eseguita al rallentatore, fatto questo, anch'esso, mai visto presso gli altri pur grandi shihan.
Il suo stile, assai evolutosi negli anni, era poi straordinariamente elegante, fluido, sferico.
L'uke veniva letteralmente "aspirato" nel vortice che il Maestro riusciva a generare nello stabilire il contatto, senza tuttavia risultare stucchevole e "ballerino", come capita talvolta a chi tenta di essere elegante, e risulta spesso più simile ad un danzatore che ad un esecutore di tecniche marziali.
Questo era possibile perchè la scelta di tempo, e la gestione della distanza, erano letteralmente perfette.
Era poi una persona straordinariamente simpatica.
Sorrideva spesso, ed era eccezionale nel coinvolgere, incoraggiare.
Ricordava praticamente di tutti quelli che frequentavano le sue lezioni e i suoi stage, mostrando una memoria da questo punto di vista impressionante.
Soprattutto prima di ammalarsi, girava continuamente per il tatami, e tirava le tecniche con chiunque gli capitasse a tiro.
Ogni tanto si rabbuiava, ed era capace di fenomenali ramanzine.
Questo gli ha procurato numerosa avversione, e forse un pò è anche colpa sua, di qualche eccesso giovanile, o forse al contrario da sensei vecchio stile.
Con il tempo, comunque, questo aspetto era diventato decisamente secondario, e non esagerava mai.
Se c'era qualcosa che non condivideva, di solito raccontava qualcosa, aneddoti o espedienti analoghi, per farsi intendere.
Ed era, a mio giudizio, efficacissimo.
Ripeteva spesso che, per progredire, bisognava studiare, e farlo sempre con l'atteggiamento di chi è concentrato, presente, quello di chi sa che ogni volta può essere l'ultima.
Quando è arivata la malattia, terribile e spietata nel suo verdetto senza speranza, ha continuato a praticare, e lo ha anzi fatto ancora meglio.
Ha lottato come un leone, e ci ha impartito la più impressionante lezione di coraggio, dignità e amore per l'aikido cui si potesse assistere.
Spesso, in quegli incredibili due anni, ci ha detto di impegnarci di più, di tentare di capire di più, perchè lui non aveva più molto tempo.
L'ultimo stage lo fece in novembre, ricordo che aveva un braccio completamente fuori uso, ma sorrise e incoraggiò anche in quell'occasione, paziente e paterno.
Ancora non riesco a credere che non ci sia più, e il vuoto, per quanto cerchiamo tutti di andare avanti, è immenso, e la tristezza grandissima.
Avrei voluto dirgli quanto sia stato importante per me, e per l'aikido, ma spero e credo che lo sapesse.
Addio, grande Maestro.
Nessuno potrà dimenticarti.

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