Nell'affollatissimo, davvero troppo affollato, panorama degli stage inseriti in calendario, vi sono stati anche i due raduni del Maestro Montenegro, che abbiamo svolto a Foggia ad aprile ed ottobre, giunti in qualche modo, e come accade oramai da diversi anni a questa parte, a chiusura ed apertura della stagione accademica aikidoistica.
Non sono, come trovo giusto rivendicare, due stage qualsiasi tra i tanti che compongono l'offerta formativa della Associazione e dell'aikido italiano in generale, perché questi appuntamenti sono diretti da un istruttore professionista, di eccezionale qualità e perizia, richiesto ed ingaggiato anche e soprattutto all'estero, e le cui lezioni appaiono, obiettivamente, connotate da una speciale conoscenza e capacità, tecniche e didattiche.
I miei quasi trent'anni di pratica mi hanno reso, evidentemente, sufficientemente smaliziato da poter valutare adeguatamente quanto mi viene proposto nel corso di una lezione, e di essere in grado di giudicare il lavoro di un insegnante in termini di qualità del sapere, chiarezza didattica, coerenza nell'esecuzione.
Posso pacificamente attestare, del tutto spassionatamente, che la partecipazione a questi raduni mi sta facendo crescere, mi ha dato stimoli come insegnante e come studente, mi rigenera e incuriosisce riguardo all'aikido e alle sue infinite possibilità.
Come accadeva con gli stage e le lezioni del Maestro Fujimoto, niente, di quanto viene proposto, appare lasciato al caso, e tutto sembra avere un preciso senso ed una convincente logica e razionalità.
Perché facciamo un certo gesto, quale è la situazione che può determinarlo, quali le conseguenze di un diverso approccio, sono tutti input formativi che mi permettono di aggiungere tasselli alla mia preparazione, riscoprire le base del sapere e non smarrirmi nella pratica e nell'insegnamento.
E' certamente un pò dirompente per il proprio ego, perché un lavoro così accurato e appunto "alto" mette in discussione parte delle nostre certezze, ridimensiona, forse, l'innamoramento per noi stessi che una pratica meno critica ed autoreferenziale finisce inevitabilmente per determinare in noi.
Tuttavia, la vera e costante crescita costituiscono il più efficace antidoto alla noia, all'autocitazione, alla stagnazione, che sono i killer silenziosi di ogni esperienza di apprendimento, e forse di ogni percorso umano, professionale e personale.
Rimanere curiosi, umili, affamati di esperienze, è l'unico modo per rimanere vivi il più a lungo, nella vita in generale, e in quella aikidoistica in particolare.
I raduni dovrebbero regalare momenti di questo genere.
Dovrebbero essere spazi di eccezionalità.
Dovrebbero garantire, a chi vi partecipa, una esperienza in qualche misura straordinaria rispetto alla pratica quotidiana, per quanto seria ed accurata essa possa e debba essere.
Non soltanto incontrarsi, sudare, ma esplorare i limiti, intravedere la vetta del sapere.
Il prossimo aprile, una ulteriore tappa di questo cammino.
Vi aspetto.
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