L'Aikikai d'Italia

sabato 10 settembre 2011

Sfoghi di settembre

Sul sito di Simone Chierchini è apparsa una lettera aperta nella quale, in sostanza, comunica la propria scelta di abbandonare l'aikikai.
Non intendo, sia chiaro, polemizzare con Chierchini, che della mia opinione d'altro canto sicuramente può fare a meno.
Tuttavia, qualche mio allievo ha letto quello sfogo e credo si domandi cosa ci sia di vero e cosa di, non dico falso, ma almeno molto opinabile in quanto è scritto.
Cominciamo con il dire che Simone Chiechini, lo dico con assoluta sincerità, merita il dovuto rispetto, e questo anche quando dice e fa cose, come nel caso in questione, che non condivido e non mi piacciono.
Questo non soltanto per il cognome che porta, essendo suo padre sostanzialmente il fondatore dell'aikikai di Italia, e un indimenticato e amato presidente della associazione, ma anche per la sua storia personale di aikidoka, di persona che è letteralmente cresciuta sui tatami, ha collaborato con i più importanti shihan, ha diffuso l'aikido sia sotto il profilo pratico (tra tutte la fondazione e direzione dell'aikikai of Ireland), ma anche in termini di divulgazione attraverso pubblicazioni accurate e preziose, alcune delle quali fanno stabilmente parte della mia biblioteca relativa alla materia.
Detto questo, condivido pochissimo della sua "denuncia".
Chierchini, in sostanza, dice questo.
In primis, si lamenta che dal suo ritorno in Italia, datata estate 2009, è stato trattato da estraneo dall'aikikai d'Italia.
Mi viene da chiedere, tuttavia, dove sia stato in questi due anni, perchè io non l'ho praticamente mai incontrato.
Ho partecipato in questo periodo ad almeno, non so, quaranta giorni di stage con il Maestro Fujimoto, e a tanti altri incontri di allenamento e scambio di esperienze (talvolta anche organizzandone qualcuno, anche a pochi chilometri da Vasto) con altri sensei, e senza mai, nemmeno in una occasione, incontrare e vedervi partecipare Simone Chierchini.
Dunque il dubbio è che sia stato lui a trattare la Associazione, i suoi Maestri, istruttori e praticanti alla stregua di estranei assoluti, e non, o almeno non soltanto, il contrario.
Si avventura, poi, in una ardita demolizione del maestro Tada, che tuttavia non nomina mai nel corso della lettera, sostanzialmente affermando che si tratta di un personaggio che si arroga il  "titolo" di allievo diretto di O sensei senza esserlo stato, e che si tratterebbe di un aikidoista portatore di uno stile tutto suo, magari bello, ma che nulla o quasi avrebbe a che vedere con l'aikido trasmesso dal fondatore.
Personalmente, non sono affatto "tadista", e, devo confessarlo, da qualche anno nemmeno vado più agli stage che tiene.
Non posso che notare, però, che il Maestro Tada fu inviato in Italia per volere di O sensei, che nel 1964 era vivissimo e pienamente attivo.
Tada, poi, era stato insignito, già allora, e dallo stesso fondatore, del grado (stratosferico per uno che praticava da meno di venti anni) di settimo dan, e di shihan, cosicchè mi sembra inevitabile inferirne che Tada sensei aveva il pieno gradimento del fondatore e di tutto lo staff del quale questo si avvaleva.
In una montagna di filmati e documenti di ogni genere si può vedere Tada che fa lezione con O sensei, gli fa da uke, o tiene dimostrazioni alla sua presenza.
Ma Chierchini dice, nel secondo dopoguerra Ueshiba viveva a Iwama, non a Tokyo, e dunque l'unico vero allievo diretto del fondatore era Saito sensei.
Che vivesse a Iwama, all'epoca, è vero, ma è altrettanto vero che, anche allora e sino alla morte, il maestro girava e viaggiava continuamente, e stazionava per lunghi periodi anche nella capitale.
Dovremmo ricordare, poi, che il tempo di frequenza, che è pure un dato da prendere in considerazione, non è un parametro del tutto affidabile, se lo si considera separatamente dalla intensità dell'allenamento e il talento e l'impegno di chi pratica.
Basti pensare che il fondatore stesso, come le sue biografie ci insegnano, praticò meno di un anno con Sokaku takeda, dal quale tuttavia ottenne la abilitazione all'insegnamento del Daito Ryu e il riconoscimento della padronanza di tutte le tecniche della disciplina madre in meno di cento giorni di allenamento.
Ma poi arriva la conclusione di Chierchini.
Vado nella Iwama Ryu, cioè nella Associazione di Saito, perchè lì hanno la didattica migliore, quello è il vero aikido del Fondatore, e poi, a differenza dell'aikikai, non reprimono il dissenso.
Il giochino "chi fa l'aikido di O sensei" mi sembra davvero sciocco, perchè, ammesso e non concesso che Saito facesse l'aikido che nel dopoguerra insegnava il Fondatore (eppure, a giudicare dai filmati, le differenze mi sembrano enormi e chiaramente visibili), rimane da stabilre perchè, in un'ottica di "conformità e fedeltà" al fondatore dovremmo prendere in considerazione la fase finale della vita e dell'insegnamento di O sensei.
Sappiamo bene, in altre parole, che altri grandi Maestri e le associazioni che ne sono derivate hanno rivendicato e rivendicano la maggiore veridicità del loro aikido a quello "originario".
Per esempio, lo Yoshinkan, filiata da Gozo Shioda, esprime un aikido davvero antico e direi originario.
D'accordo, si risponderà, ma l'ultimo aikido insegnato è quello di Iwama.
Qui, però, non si tratta di fare i giuristi e prendere l'ultima norma entrata in vigore, perchè questa non è una questione di successione di norme, ma di stili marziali.
Un praticante Yoshinkan, allora, potrebbe dire che l'aikido di Iwama è l'aikido che O sensei praticava da vecchio, mentre quello vero, che realmente esprime la sua volontà e il suo progetto è quello precedente, elaborato quando ancora il vigore e l'entusiasmo erano nel pieno della loro espressione.
A mio giudizio queste discussioni non portano a niente.
Quando ancora O sensei era in vita già i suoi più stretti collaboratori si differenziavano ampiamente nel modo di praticare, senza che il fondatore contrastasse questa tendenza.
Quanto all'aikikai di Italia, essa è certamente espressione dello stile di Tada sensei, ma in questo non c'è niente di anomalo, posto che è esattamente quello che è accaduto in tutte le nazioni e nelle associazioni che vi risiedono.
Infine, l'aikikai Italia ha certamente tanti difetti, ma proprio non si può sostenere che sia una associazione intollerante e repressiva del dissenso.
Al contrario è una struttura decisamente plurale, all'interno della quale opera chiunque e qualunque stile lo contraddistingua, e senza che mai nessuno si sia mai sognato di imporre alcunchè, nemmeno a Chierchini.
Questo è coerente, d'altronde, con la natura della Associazione che è quella di essere la casa madre dell'aikido italiano, come la Zaidan Hoijin Aikikai, la Aikikai Foundation, è la casa madre su scala mondiale.
Ma poi, Chierchini troverà pace nel mondo Iwama?
So benissimo che lavorano seriamente, questo nessuno lo mette in discussione.
 A me, però, sembrano dei soldatini, tutti uguali, e che si tratti di ambiti nei quali non c'è alcuno spazio per la creatività, l'espressione della propria personalità aikidostica.
E' un mondo, poi, che ha conosciuto, all'indomani della morte del caposcuola, una miriade di scissioni e rotture, cosicchè definirlo tollerante e aperto mi pare una fenomenale cantonata.
Comunque, in bocca al lupo, per quanto ho la sensazione che, tra non molto tempo, sentiremo il buon Chierchini scrivere una nuova lettera al mondo dell'aikido, dal titolo "io mi chiamo fuori ... di nuovo".

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